mercoledì 16 ottobre 2013

Far Gate

Mi chiamano con una nuova matricola.
Ma mi conoscono: il Terrorista evaso da Fargate.
Se un animale scappa da una gabbia e viene ripreso, quando viene risbattuto nella stessa gabbia non è mai come la prima volta.

I secondini mi guardano con rabbia; alcuni detenuti abbassano lo sguardo mentre altri sembrano impazienti di mettermi le mani addosso.
"Alza quella cazzo di testa, ragazzo!"
Tuono in direzione di John davanti a me. Klaus è ancora più avanti.
Faccio in tempo a scorgere anche il nuovo compagno di cella di John: Butch.
Mi guarda con un ghigno arrogante, io lo fulmino con uno sguardo freddo e distaccato.

I primi cento giorni li passo in interrogatorio, all'infermeria ed in isolamento.
"Chi ti ha fatto evadere, bastardo!?"
Sputo a terra saliva e sangue. Al terzo - Fottiti, Puttana! - il calcio nello stomaco mi scaraventa indietro ad un metro di distanza.

Dopo 100 giorni l'occhio sinistro e quattro denti, nonchè numerose fratture ricomposte da macellai piuttosto che da medici, sono stati il prezzo da pagare per rimettere piede in una cella. Le braccia e le gambe sono state risparmiate per poter ritornare dal giorno 101 a spaccare pietre sotto la pioggia perenne di quel penitenziario di massima sicurezza.

sabato 5 ottobre 2013

Shields

Dovrei pensare a come uscire fuori da qui.
A come mandare via John senza che venga rispedito indietro, al campo, con una bomba nello zaino.
Dovrei trovare un modo per fottere i Culi Blu.

Eppure le uniche cose a cui penso sono i proiettili dietro la schiena.
La guerra.
E poi loro...

Mio padre mi diceva che nelle mie vene scorre il sangue dei Vichinghi e degli Spartani. Le razze della Terra che Fu più temute dalle loro civiltà del tempo. Li chiamavano Barbari, Selvaggi, Macellai.
Non lo so. Le certezze vacillano, così come le belle storie raccontate ai bambini per farli dormire sereni.


Eolen ed Hust stanno per ripartire con la nave di Frìda.
La guerra sta per cominciare, la Iron Lady dovrebbe parlare ad ore.
Hust mi guarda dal basso: fiuta la tensione.
Eolen mi guarda dall'alto della rampa inclinata ed aperta della Wyoming.
Accarezzo la testa di mio figlio.
Bacio le labbra di mia moglie.
Li guardo.
Porto le mani all'altezza del collo, afferrando le piastrine militari della Grande Guerra. Le lascio nelle mani di lei. Addio amore mio. Non lo dico.
Il tempo per la tenerezza è finito.
Non c'è più posto per essa.
Non nella guerra.
"Rognvaldr!"
"Si, mia Signora?"
"Torna col tuo scudo. O sopra di esso."
Fratelli, padri, figli: marciamo. Per l'onore, per il dovere, per la libertà: marciamo.
Nella bocca dell'inferno: marciamo.

mercoledì 2 ottobre 2013

Hundred parts of

La cambusa della NoName è vuota.
La cena è finita e mi sono offerto di pulire i piatti.
C'è una ciotola di caffè fumante di fianco, allungata con un dito di Vodka.
C'è un pacchetto di Cheltenham smezzata ed un posacenere sul tavolo riempito a metà.
C'è la Warmap e c'è il comunicato della prima grande battaglia di Polaris.
La prima sconfitta.
E poi ci sono i cento super soldati schiavi.

Il fumo si solleva dalle labbra pigramente, aspirato con nausea e sputato senza aria.
"Smetti di fumare Wright?"
"L'idea è quella."
Sheena prende posto di fianco a me, con una tazza di Scotch ed un pacchetto di Cheltenham nuove di zecca Se ne accende una. La guardo.
"Hai davvero intenzione di comprare quei ragazzini?"
"L'ho già fatto."
"Il Wright che conoscevo non avrebbe accettato."
"Tu non conosci nessun Wright!"
La sigaretta viene spenta, un'altra viene accesa immediatamente dopo. Due sole boccate, prima buttare in gola una buona sorsata di quella brodaglia di caffè sintetico e vodka altamente alcolica.
"Bullfinch non finirà come Hera. Noi vinceremo la guerra. Polaris sarà libera: è sarà la prima."
Lei mi guarda, sospirando e bevendo il suo orrendo Scotch. Scuote il capo.
"Te lo ricordi, McAllister?"
Mi tocco la testa, la tempia. 
"E' sempre qui dentro."
"Sgancia i siluri e getta le granate..."
"...ma tieniti stretto il cuore in petto."
"Aye, Wright. Vai a dormire, domani dobbiamo ripartire."
Mi allunga un sorriso stanco, così come mi allunga una manata dietro la nuca.
Il secondo pacchetto di Cheltenham l'ha lasciato sul tavolo.